Paolo Fabbri
Radici
«Haec domus est | Ioachim Rossini» annuncia al passante la lapide che fregia la modesta casetta nella contrada di Brozzi, al margine occidentale della cinta muraria cittadina: «Questa casa è di Gioachino Rossini», ma si potrebbe tradurre anche «Questa è la casa di Gioachino Rossini». L’ambiguità ‒ semplice possesso, o culla patria? ‒ era certo intenzionale, e il seguito lo conferma, dove la si indica come l’origine di quel nuovo Orfeo e novello Anfione noto dall’uno all’altro polo.
Quel testo era infatti del lughese Luigi Grisostomo Ferruzzi (1797-1877), che poi toscanizzò il cognome in Ferrucci. Latinista di fama, bibliotecario della Vaticana a Roma dal 1854, e dal 1857 della Mediceo-Laurenziana a Firenze, era intimo di Rossini. Ciò che era ambiguo e velato in quella lapide del 1857, Ferrucci lo paleserà fin dal titolo dell’opuscolo che nel 1864 dedicherà all’amico Rossini lughese di patria, pesarese di nascita come dono Nel suo XVIII bisestile anniversario: «patria si dice a patre» (p. 7).
In quelle pagine (a pp. 5 e 10) Ferrucci rievoca anche gli abitanti di casa Rossini: il nonno Gioacchino Sante, anzitutto, nato nel 1739 e morto il 31 gennaio 1787, sposato con Antonia Olivieri ‘della Battitacca’ (1735-1816: il soprannome era dovuto al fatto che la sua famiglia fabbricava suole di legno per zoccoli). E poi i loro figli: il primogenito Giuseppe Antonio (1758-59), Giacoma Giulia (1759-60), Giulia Maria (1760-?), Giuseppe Antonio poi detto Vivazza (1764-1839), i gemelli Giuseppe Vincenzo (1767-70) e Giulia (ii-vii 1767), Giacoma Flora (1772-?). Dimezzata la prole dalla mortalità infantile, scomparso prematuramente il capo-famiglia: restarono la nonna, il padre e le zie del futuro compositore.

Casa paterna di G. Rossini – opera appartenente alla “Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Castello Sforzesco, Milano”.
Oltre alle loro voci, in quella casa risuonarono gli squilli di tromba e corno prima di nonno Gioacchino «Trombetta» del Comune di Lugo e al servizio della Confraternita del Ss. Sacramento, poi del figlio Giuseppe che ne ereditò carica e mansioni. Ma dovettero riecheggiarvi anche parecchie imprecazioni, dato che Gioacchino senior era una sorta di leader dei Brozzanti, i contradaioli della parrocchia di S. Giacomo che ogni domenica, dopo i vespri, si ritrovavano dietro gli orti di S. Domenico a sfidare a sassate i Mariani del rione Cento, gli eterni rivali della parrocchia di S. Maria del Trivio (tutti ricordi di Ferrucci, in sue memorie orali e manoscritte).
Comunque, non fu in questa casa che andò ad abitare Vivazza con la famiglia (sua moglie Anna e il loro figlio decenne, Gioachino) quando nel 1802 tornò a Lugo. Era occupata, per cui nel periodo della sua permanenza in città (1802-03) i Rossini dovettero sistemarsi in Borgo Nuovo, in affitto dai Marocchi in via Poligaro Netto (oggi via Manfredi 25).
Il piccolo edificio di Brozzi passò in eredità a Gioachino nel 1839, alla morte del padre. Danneggiato dall’alluvione del settembre 1842, fu da lui fatto risarcire dalle fondamenta, e dotare di utili servizi (un porcile). Tutti interventi che l’iscrizione di Ferrucci trasfigurerà aulicamente: «cadranno i regni e le città, non cadrà questa casa, resa più forte dal benemerito proprietario». Alla lapide seguì la cittadinanza lughese al «compatriota» Rossini, e addirittura la sua aggregazione al patriziato cittadino, sulla base di ricerche araldiche animate dal solito Ferrucci, che fruttarono perfino un titolo e uno stemma gentilizio. Un «marmo» e un’epigrafe latina a contrassegno della «povera culla, che dette luce all’autor de’ miei giorni», come dirà Rossini ringraziandone il sindaco di Lugo, nel giugno 1858. Apporvi anche il blasone nobiliare della famiglia Rossini dovette però sembrare un po’ troppo.
Haec domus est
Ioachim Russini
Disce viator
hinc ab avis ducta est huius origo viri
quem norunt ab utroque polo per utrumque plagarum
discursum gentes arte modisque soni
gnaviter exscriptis novus Orpheus orbe novusque
Amphion numeris semper amabilibus
Regna cadent urbes res alta mole sepultae
Haec meritis domini non cadet aucta domus
VII VIRI REI MUNICIPALI CURANDAE
Obsequio erga civem celebratissimum p c
Decr q d e vii kal Mai a mdccclvii
Paolo Fabbri, noto soprattutto per gli studi su Gioachino Rossini e per studi sul libretto e il rapporto tra metrica e musica, è professore ordinario di Storia della Musica Moderna e Contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Ferrara.
Ha scritto su “Il saggiatore musicale”, “Rivista italiana di musicologia”, “Quadrivium. Rivista di filologia e musicologia medievale”, “L’organo. Rivista di cultura organaria e organistica”, “Studi Romagnoli”, “Musica e filologia”, “Studi musicali”, “Bollettino del Centro Rossiniano di studi”, “Chigiana. Rassegna annuale di studi musicologici”, “Romagna arte e storia”, “Civiltà mantovana” e altrove.
Ha collaborato all’edizione critica delle opere di Gioachino Rossini con Bruno Cagli, Philip Gossett, Alberto Zedda e Patricia B. Brauner e alla direzione dell’edizione nazionale delle opere di Gaetano Donizetti.
Nel 1989 è stato premiato con la Dent Medal (Royal Musical Association) e dal 1992 è uno dei rappresentanti dell’Italia nel direttivo della International Musicological Society.
Nel 2003 ha fondato “Musicalia. Annuario internazionale di studi musicologici”, di cui è direttore.